Siete in pensione? E’ il momento di riscoprire la vostra creatività e ridefinire la vostra identità oltre il lavoro e i cliché sociali. Per prima cosa sfatiamo il pregiudizio dell’ageismo: voi non “eravate” il vostro lavoro, la vostra individualità è molto di più ed è in continua evoluzione. Passo numero due: superate l’autocensura e avventuratevi alla scoperta dell’artista che è in voi, la parte giocosa e creativa della vostra anima che non vede l’ora di esprimersi. Se desiderate ritrovare entusiasmo e autenticità, vi svelo un metodo che può cambiare il modo di vivere la pensione e il tempo libero. Vi siete mai chiesti come coltivare la creatività e nutrire la vostra anima?
“Chi eri” o “chi sei”? Essere si declina al presente
Nell’ascoltare una trasmissione di un’artista a me molto cara, “Splendida Cornice” di Geppi Cucciari, sono rimasta molto perplessa su alcuni cliché narrativi che non mi sarei aspettata, non da lei. Ebbene, durante quella puntata, Geppi, rivolgendosi a un pubblico over sessanta, chiedeva puntualmente: “Ma tu cosa facevi, chi eri?” E l’interrogato/a di turno rispondeva: “Ero il/la Tal dei tali, e lavoravo nell’azienda di, facevo il/la, oppure facevo il ricercatore/ricercatrice all’università, e via dicendo. Come se, al di là del lavoro, in quanto attività produttiva che genera reddito, non fossimo più nessuno. Puf, si svuota l’identità, oddio, chi sei, chi siete? Triste, non trovate?
Amo profondamente la conduttrice per il coraggio intellettuale, la grande ironia e stratosferica intelligenza, ma in quella puntata specifica ho riavvisato alcuni modi di pensare insiti nella nostra narrativa sociale che, secondo me, sono totalmente da rivedere e aggiornare e questo mi ha fatto molto riflettere.
Mi chiedo, quindi, siamo o siamo stati veramente il nostro lavoro e basta?
Ebbene, credo fermamente di no.
Ecco il mio appello: pensionati di tutto il mondo ribellatevi!
Voi non siete solo la professione che avete svolto. La vostra esperienza conta e conterà sempre nella vostra vita, ma cercate di mantenere sempre distaccate la dimensione professionale da quella personale. Non siete nati avvocati, manager, insegnanti, operai; avete scelto queste professioni a volte per passione, a volte no, ma essenzialmente per guadagnarvi da vivere. Voi siete molto di più.
Vado dritta al punto: ho letto un libro molto interessante che mi ha regalato mia nipote Camilla, insegnate di Yoga e Communication Manager: “La via dell’artista” di Julia Cameron.
Secondo Cameron, sviluppare la creatività (elemento indispensabile anche per ricrearsi una nuova identità) passa per alcuni punti fermi:
- un’attitudine positiva (attenzione: si può allenare! Vedi i principi di Martin Seligman);
- smantellamento di zavorre che ci tengono impigliati a una realtà che non è la nostra (sono troppo vecchio/a per…; ormai non posso più imparare nulla; …alla mia età, cosa vuoi che faccia? eccetera). Si chiama ageismo autoinflitto. Un nemico antipatico che è in ognuno di noi. Avete presente quella vocina negativa che vi stressa tutti i giorni? Cameron la definisce il Censore;
- scoperta di nuove passioni che non avevamo mai avuto modo di esplorare;
- consapevolezza che noi siamo molto di più del nostro lavoro;
- curiosità senza confini. Coltivatela!
Abbandonarsi alla creatività è un’arte da coltivare con grande determinazione
Come ascoltare e far crescere l’artista che è in noi?
Julia Cameron ci dà preziosi suggerimenti:
- Smettere di dire a voi stessi che è troppo tardi
- Smettere di pensare che i sogni non contano e che dovreste essere più ragionevoli
- Smettere di temere che i vostri amici o parenti vi prendano per pazzi/e
- Smettere di considerare la creatività come un lusso concesso a pochi
Ebbene, il sistema delineato da Cameron è molto interessante e non è diretto solo ai pensionati, ma a tutti: avvocati, imprenditori, liberi professionisti, operai, dipendenti ecc.
Non esiste una formula magica per ottenere una creatività immediata.
Siamo vittime del nostro perfezionista interiore, un malvagio critico., il nostro Censore. Ebbene, la scrittrice ci consiglia di ritrovare la nostra creatività tramite un processo apparentemente privo di senso che definisce come le pagine del mattino.
Si tratta di scrivere tre pagine di getto non appena svegliati/e, che seguono il flusso dei pensieri, come fosse una sorta di drenaggio cerebrale. Le pagine del mattino hanno il potere di condurci oltre la nostra paura, al di là dei nostri stati d’animo e, soprattutto, oltre la nostra voce critica. Quella vocina che parla costantemente con noi per dirci che non siamo mai all’altezza, che non siamo abbastanza bravi/e e alimenta la sindrome dell’impostore.
Ad esempio: “E questo lo chiami scrivere? Ma dai, non sai nemmeno dove mettere le virgole, e poi se non ce l’hai fatta fino a ora non ce la farai mai. Ma che errori di ortografia…ma cosa ti fa pensare che sei essere creativo/a? E questo lo chiami parlare in inglese? Ma se non sai nemmeno farti capire da un londinese, e questo lo chiami fare i conti? Ma se non sai infilare insieme quattro numeri, come potresti completare un prospetto numerico? e così via, all’infinito.
Le pagine del mattino sono, secondo Cameron, lo strumento primario per la guarigione creatìva. Si tratta di scrivere tre pagine di getto, non appena svegli. Qualsiasi cosa vi venga in mente. Ovvero scrivere nel flusso delle idee, in modo impulsivo, anche cose banali, qualsiasi elemento vi sovvenga. Non devono essere per forza idee o frasi intelligenti. Tutto il contenuto che potreste metterci, un’immondizia lacrimosa, rabbiosa e futile potrebbe stare fra voi e la vostra creatività. Ogni preoccupazione per cose pratiche, la riunione condominiale, il bucato, la macchina tamponata, lo strano sguardo del vostro compagno/a non fa che provocare un flusso nel nostro inconscio. Da trasferire nelle pagine.
Le pagine del mattino, sostiene Cameron, sono lo strumento primario per la guarigione creativa. Saranno in grado di eludere il vostro Censore, al di là delle paure, della negatività.
Oltre a questi esercizi (che sto sperimentando ogni giorno con un bellissimo quaderno di colore argento fluo) e racconterò in seguito questa esperienza, vi è un altro strumento indispensabile per lo sblocco della creatività: l’appuntamento con l’artista.
Cosa vuol dire esattamente? Significa dedicare tempo al nutrimento della coscienza creativa, all’artista che è in voi.
L’appuntamento dell’artista potrebbe prendere svariate forme: una lunga passeggiata solitaria lungo le strade di campagna, un bagno in mare all’alba o al tramonto, una visita in una chiesetta sperduta per ascoltare i canti gregoriani, una cena in un ristorante etnico per esplorare gusti e sapori di altri paesi, una visita in una cartoleria per comprare stelline di carta dorate, brillantina, cola forbici, matite colorate. Tutto quello che potrà essere in grado di recuperare la vostra identità, ridisegnando i vostri confini, bisogni e interessi personali.
Questa combo (lo sfogo del mattino e l’appuntamento con l’artista) avrà la capacità di incrementare la fiducia nelle vostre possibilità.
Io lo sto facendo, vi piace l’idea?
Abbandonarsi alla creatività è un’arte da coltivare con grande determinazione
Come ascoltare e far crescere l’artista che è in noi?
Julia Cameron ci dà preziosi suggerimenti:
- Smettere di dire a voi stessi che è troppo tardi
- Smettere di pensare che i sogni non contano e che dovreste essere più ragionevoli
- Smettere di temere che i vostri amici o parenti vi prendano per pazzi/e
- Smettere di considerare la creatività come un lusso concesso a pochi
Ebbene, il sistema delineato da Cameron è molto interessante e non è diretto solo ai pensionati, ma a tutti: avvocati, imprenditori, liberi professionisti, operai, dipendenti ecc.
Non esiste una formula magica per ottenere una creatività immediata.
Siamo vittime del nostro perfezionista interiore, un malvagio critico., il nostro Censore. Ebbene, la scrittrice ci consiglia di ritrovare la nostra creatività tramite un processo apparentemente privo di senso che definisce come le pagine del mattino.
Si tratta di scrivere tre pagine di getto non appena svegliati/e, che seguono il flusso dei pensieri, come fosse una sorta di drenaggio cerebrale. Le pagine del mattino hanno il potere di condurci oltre la nostra paura, al di là dei nostri stati d’animo e, soprattutto, oltre la nostra voce critica. Quella vocina che parla costantemente con noi per dirci che non siamo mai all’altezza, che non siamo abbastanza bravi/e e alimenta la sindrome dell’impostore.
Ad esempio: “E questo lo chiami scrivere? Ma dai, non sai nemmeno dove mettere le virgole, e poi se non ce l’hai fatta fino a ora non ce la farai mai. Ma che errori di ortografia…ma cosa ti fa pensare che sei essere creativo/a? E questo lo chiami parlare in inglese? Ma se non sai nemmeno farti capire da un londinese, e questo lo chiami fare i conti? Ma se non sai infilare insieme quattro numeri, come potresti completare un prospetto numerico? e così via, all’infinito.
Le pagine del mattino sono, secondo Cameron, lo strumento primario per la guarigione creatìva. Si tratta di scrivere tre pagine di getto, non appena svegli. Qualsiasi cosa vi venga in mente. Ovvero scrivere nel flusso delle idee, in modo impulsivo, anche cose banali, qualsiasi elemento vi sovvenga. Non devono essere per forza idee o frasi intelligenti. Tutto il contenuto che potreste metterci, un’immondizia lacrimosa, rabbiosa e futile potrebbe stare fra voi e la vostra creatività. Ogni preoccupazione per cose pratiche, la riunione condominiale, il bucato, la macchina tamponata, lo strano sguardo del vostro compagno/a non fa che provocare un flusso nel nostro inconscio. Da trasferire nelle pagine.
Le pagine del mattino, sostiene Cameron, sono lo strumento primario per la guarigione creativa. Saranno in grado di eludere il vostro Censore, al di là delle paure, della negatività.
Oltre a questi esercizi (che sto sperimentando ogni giorno con un bellissimo quaderno di colore argento fluo) e racconterò in seguito questa esperienza, vi è un altro strumento indispensabile per lo sblocco della creatività: l’appuntamento con l’artista.
Cosa vuol dire esattamente? Significa dedicare tempo al nutrimento della coscienza creativa, all’artista che è in voi.
L’appuntamento dell’artista potrebbe prendere svariate forme: una lunga passeggiata solitaria lungo le strade di campagna, un bagno in mare all’alba o al tramonto, una visita in una chiesetta sperduta per ascoltare i canti gregoriani, una cena in un ristorante etnico per esplorare gusti e sapori di altri paesi, una visita in una cartoleria per comprare stelline di carta dorate, brillantina, cola forbici, matite colorate. Tutto quello che potrà essere in grado di recuperare la vostra identità, ridisegnando i vostri confini, bisogni e interessi personali.
Questa combo (lo sfogo del mattino e l’appuntamento con l’artista) avrà la capacità di incrementare la fiducia nelle vostre possibilità.
Io lo sto facendo, vi piace l’idea?
In conclusione
- Identificarsi con la propria professione può essere pericoloso e fuorviante.
- Riciclare l’identità, una volta abbandonata l’attività produttiva (ma non solo) potrebbe essere determinante per trovare la vera vocazione
- Le pagine del mattino potrebbero essere uno strumento per riscoprire una creatività soffocata.
- Portare a spasso l’artista è un viaggio dedicato al nutrimento della coscienza creativa.
E ora tocca a voi
Cosa ne pensate di questo metodo? Vi ispirano le pagine del mattino e l’appuntamento con l’artista?