Torno in Sardegna dopo un periodo breve ma intenso trascorso a Trieste, la città dove risiedo normalmente.
Soffia un forte maestrale, ma io sono abituata al vento: infatti la bora è l’anima della mia città. La bora è vita, vento di cambiamento, pulisce, muove le cose, plasma i caratteri, un po’ ruvidi e volitivi.
Qui in Sardegna le forti raffiche hanno spazzato via dalla trave superiore del terrazzo un nido pazientemente costruito da una coppia di uccellini, come descritto nel mio ultimo post “Costruire la propria strada: attenzione, lavori in corso!”.
Trovo i resti del nido. Dove saranno finiti quei due?

Alla ricerca di Jeff, il capocantiere.

Fortunatamente, ritrovo un altro nido in un punto riparato e tiro un sospiro di sollievo.

Nuovo nido e di fianco Jeff, a lavori ultimati, molto soddisfatto.

I due uccellini hanno perso la sfida contro il vento, ma hanno saputo riutilizzare le loro competenze, la loro abilità da ingegneri edili, individuando un punto riparato e ricominciando tutto daccapo. In pratica non hanno ignorato l’errore, non si sono persi d’animo e hanno scelto con più accuratezza il loro obiettivo, ricominciando in una direzione più promettente.

Questo “non perdersi d’animo” e “riprendere in mano la situazione” è una delle carte vincenti nella partita per il proprio rinnovamento personale, soprattutto quando ci si confronta con i grandi cambiamenti della vita, come il pensionamento. Rimanere paralizzati come una lepre abbagliata dai fari non fa che rallentare il percorso verso una vita in pensione vissuta alla grande.

L’ageismo, che brutta parola!

C’è molto da imparare guardandosi attorno, dagli esempi che ci arrivano dalla natura, dalle donne e uomini che si rimboccano le maniche convinti che il meglio debba ancora arrivare, spesso costretti a lottare contro l’immagine che di noi ha la società. Una società che ci incasella in base all’età, che ci dice cosa è lecito fare o non fare, esponendoci a vari stereotipi negativi contro cui è necessario corazzarsi: mi riferisco all’ageismo, una discriminazione fra le più subdole, un sabotaggio in piena regola contro noi stessi. Non è un paradosso immenso?

La parola “ageism” è stata creata nel ‘68 da Butler, uno psichiatra americano, e definisce la discriminazione e la stereotipizzazione verso le persone a causa della loro età. Secondo uno studio americano, in base a tale discriminazione, gli uomini cominciano a diventare “invisibili”, o meno socialmente interessanti, verso i 64 anni, le donne molto prima, già verso i 52 anni, “colpevoli” di non essere più sessualmente desiderabili. Sempre fortunate noi donne!

Imparare dagli esperti di longevity economy

Proprio per questo, riscrivere la narrativa di una società in piena trasformazione, attraverso comportamenti consapevoli del nostro valore è un atto di vera innovazione culturale e, per fortuna, ci sono molti esperti che si stanno battendo su questo fronte.

Vorrei ricordare in particolare Emanuela Notari, co-fondatrice di Active Longevity Institute, già citata in un mio post precedente, che ha recentemente pubblicato un articolo dedicato all’ageismo sulla piattaforma Cocooners (Ageismo: che roba è? – cocooners).
E, inoltre, Nicola Palmarini, Direttore del National Innovation Centre for Ageing del Regno Unito, che ho scoperto fra i panelist di un evento in live streaming organizzato da ”Affamati di futuro/Polihub” dal titolo “People will live 120 years” e che da allora sto seguendo sui social network.
Emanuela Notari e Nicola Palmarini sono i miei nuovi paladini, condivido il loro approccio di fronte ai grandi fenomeni sociali e ammiro le attività che stanno intraprendendo con grande energia e professionalità. I loro interventi, i loro scritti, il loro pensiero, mi hanno aiutato a trovare nuova forza e convinzione nel mio percorso.
Dice Emanuela Notari: “…L’eterno gioco a sottopagare i giovani perché privi di esperienza e nello stesso tempo ignorare o invitare all’uscita i lavoratori senior fa parte di questo giro dell’oca dove ci perdiamo tutti. Quindi, la prima risposta è che sì, l’ageismo esiste anche da noi…”. Non posso che essere d’accordo con questa affermazione, vista la mia esperienza diretta in ambito aziendale.
In un’intervista del Magazine della Coop, Palmarini definisce così l’ageismo: “…Una delle discriminazioni inconsce più subdole con cui abbiamo a che fare…”. Continua spiegando che il dibattito sull’ ageismo rimane confinato in ambiti accademici e non viene riconosciuto ancora come discriminazione. Il fatto che, in italiano, non esista nemmeno una parola precisa per definirlo, se non un semplice adattamento dall’inglese, dimostra quanto questo fenomeno sia ancora poco percepito.
“L’ageismo è una discriminazione di cui nessuno ha ancora capito davvero la magnitudine. Anzitutto include tutti gli esseri umani, di qualsiasi razza, sesso, religione, orientamento sessuale, magri o grassi, alti o bassi, di qualsiasi nazionalità o lingua”.
Avete mai fatto caso che l’età è l’unico aspetto che non viene quasi mai considerato espressamente dalle costituzioni? Palmarini sottolinea che non la prevede l’articolo 3 della Costituzione della Repubblica Italiana e tantomeno la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del ‘48.
Sono rimasta molto colpita dal risultato di una ricerca, citata da Palmarini, che rivela come in un database di oltre 400 milioni di parole dal 1810 al 2009, i termini vecchio, anziano e vecchiaia e tutti gli stereotipi legati all’età abbiano progressivamente assunto una accezione sempre più negativa negli ultimi 200 anni. Ma non dobbiamo invecchiare tutti?

Il vento comincia a soffiare?

Il vento del cambiamento e della consapevolezza è arrivato? In genere comincia con piccole raffiche ma poi diventa un soffio impetuoso, come la bora.
La bora non è divisoria, unisce, ci si sente piccoli, ci si abbraccia. Se si cade, ci si rialza e si costruisce di nuovo, come la coppia dei piccoli uccellini.

Conclusioni

  • Credere che non sia mai troppo tardi apre mille opportunità per ricrearsi una vita dopo il pensionamento, rinnovandosi e sperimentando cose mai fatte prima, sfatando i falsi miti dell’età-limite.
  • Non permettere all’insuccesso o a un periodo della vita negativo (come, ad esempio, la tipica fase “down” del dopo pensionamento) di determinare il nostro destino. L’importante è analizzare quanto è successo e ricominciare seguendo una direzione più promettente, mettendoci alla prova.
  • Essere consapevoli di che cos’è l’ageismo è fondamentale perché la nostra immagine è influenzata dall’immagine che di noi ha la società. Combattere questi pregiudizi ed essere consapevoli del nostro valore, vuol dire ribaltare la prospettiva e metterci in una posizione di forza.

 

Ora tocca a te:

Sei mai stata/o vittima di ageismo? Se sì sul lavoro o nella vita personale? Credi che ci sia una maggiore consapevolezza rispetto a questa discriminazione? Hai fatto nuove scoperte dopo il pensionamento?

 

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